top of page
Immagine del redattoreFlorindo Formichetti

Mastro Rudy Artigiana

A Cagli vive e opera un monumento dell’artigianato italiano:

Bruto Sordini.

Cagli, un paesino abbarbicato sulle montagne marchigiane; spesso fa freddo sino a giugno, spesso piove: è un luogo magico.

Meno famosa della vicina Acqualagna, non è il focolare della vendita di quel profumatissimo fungo tuberoso chiamato Tartufo; apparentemente è un paesino come tanti altri della provincia Italiana.

Bruto è un uomo concentrato, a tratti timido e che non sempre ama parlare di se stesso eppure ha una conoscenza artistica non comune, una passione maniacale per l’opera lirica (di cui ha una conoscenza enciclopedica) e due mani che dovrebbero divenire patrimonio del Unesco.

Cosa ci spinge a dire questo?

Conosco Bruto da molto prima di lavorare in tabaccheria, esattamente da quattordici anni e in lui vedo una figura chiave della storia dell’artigianato italiano.

Bruto, costruisce pipe e le sue creazioni sono marchiate col nome:

“Don Carlos”


Questo sin dal 1990, ma Bruto costruisce pipe da quarantanni! Il suo zampino si ritrova in quasi tutti i marchi fondati negli ultimi 40 anni (almeno nelle Marche).

Il suo percorso professionale e umano, lo ha visto prima operaio, poi coadiuvante e infine magma creativo di quel movimento artistico\ artigiano che è la Scuola pipaia Marchigiana.

Da Ser Jacopo a Ceppo, da Mastro de Paja a Fiamma di re Bruto era presente sempre e volta dopo volta ha contribuito a creare il suo personalissimo punto di vista.

Nel suo laboratorio

pipe

coadiuvato da sei operai era arrivato a produrre sino a duemila pipa l’anno e produceva anche pigini e accendini e piccoli oggetti da fumo perché fare pipe all’epoca era occuparsi di tutto il mondo del lento fumo.

In quegli anni tutto sembrava andare per il meglio: Bruto aveva la sua piccola realtà in cui lui era il fulcro di tutto, il mondo cominciava conoscere questo irsuto pipemaker ed ad apprezzarne il lavoro così brillante e così unico..

Qualcosa però non andava bene; non poteva lavorare come veramente voleva lui, era sempre a servizio del laboratorio e non il laboratorio a servizio suo.

Fra beghe con gli operai o momenti in cui non riusciva a creare nulla di nuovo ma solo a ripetere ciò che già sapeva, non era proprio soddisfatto di se stesso.

Qualcosa non lo convinceva: nonostante vendesse tutte le duemila pipa in ogni angolo del mondo, qualcosa non era come voleva lui; era arrivato alla sua massima espressione artigiana, ma non era ancora entrato in uno stato di totale astrazione in cui la creatività diviene unica compagna del lavoro; non era ancora entrato in quel luogo in cui le idee si fondono con argomentazioni e sofismi che ai più sono incomprensibili: non era ancora entrato nel “creare” rimaneva ancorato al “Fare”


19 ottobre 2002 ore 12:30….. Boom!

Questa data di diciassette anni fa è la keystone della vita e del lavoro di Bruto: da quel momento in poi sarà sempre prima o dopo

L’incidente!

Prima dell’incidente Bruto era ciò che vi ho appena raccontato, post l’incidente Bruto divenne ciò che è ora.

Cinquantasei giorni a letto.

E pensava alle pipe e alla moto accartocciata.

Cinquantasei giorni senza sapere se avrebbe più lavorato.

E per vari motivi sempre alle pipe pensava.

Poi un anno e mezzo con le stampelle.

Una via crucis fatta di problemi motori e di aggirarsi impacciato in quel laboratorio che ora era silente.

Dove prima vi erano sei persone, ora vi era solo silenzio.

All’inizio una ragazza cerca di rimanere a dargli una mano, ma quella meccanica costruttiva di prima è inguaribilmente rotta, rotta come le ossa della mano sinistra, rotta come la moto.

Paura? Forse!

Il futuro era incerto, per un uomo che aveva sempre lavorato con le mani, non poterle più controllare come prima era frustrante.

Sordini si aggirava il quello spazio, cercando di strappare alla radica pipe, ma in quel periodo era come se io o tu che leggi provassimo a strappar via una pipa da un pezzo di radica: avremmo ottenuto ben modesti risultati.

Intanto sparivano i clienti, visto che non si riusciva a soddisfarne gli ordini.

Raccontato così sembra il viale del tramonto di una star destinata a una brutta vecchiaia fatta di autocommiserazione e scuse.

Bruto Sordini è un nobile montanaro

non si autocommisera, ma fa l’unica cosa che ha sempre fatto.

Ricomincia a fare pipe, da solo.

Una pipa dopo l’altra.

Da solo.

Riempie il silenzio dentro di lui e nel laboratorio col suono dell’opera e delle macchine.

Una pipa alla volta.

E una pipa alla volta capisce di non essere un dinosauro vecchio ed estinto, una pipa alla volta capisce che i numeri degli anni novanta sono ormai storia passata e il nuovo millennio con se ha portato nuovi numeri: da duemila pipe l’anno a trecento, trecento cinquanta.

Da un piccolo gruppo di persone che si muovevano in accordo fra loro, un unico uomo che scrive un brano solista per due soli strumenti: le sue mani.

E così quello che per molti sarebbe stato un fossato insuperabile, per Don Carlos segna la rinascita e la comprensione delle proprie vere possibilità.


Oggi

Bruto Sordini è un uomo libero e assolutamente indipendente: è un pipemaker che fa pipe e le fa da professionista che festeggia questo 2018 quarantuno anni nel mondo della pipa.

Il suo stile è caratterizzato da alcuni elementi unici e irripetibili: inanzi tutto il suo tornio è a mano; cosa vuol dire?


È un tornio che non ha scalpelli fissi, ma è l’artigiano ad avere lo scalpello (spesso auto costruito) in mano e in questa maniera i movimenti non sono mai obbligati.

I movimenti che Bruto compie modellano la pipa, ogni pipa ha movimenti unici, una danza, un ballo si San Vito; e così fare una biliard precisa e classicissima è difficilissimo!

SONY DSC

Ma Bruto ha le mani che ormai parlano quella lingua quasi per conto proprio e così Sordini può inseguire le sue forme, le sue idee, i suoi nomi, le sue note e creare così pipe che mai prima d’ora si erano viste.

Radica che diviene un materiale duttile nelle sue mani e che restituisce alla realtà un oggetto in perfetto equilibrio con il bosco e la montagna.

Ogni pipa poi viene marchiata con quella che per Don Carlos non è solo un simbolo ma è una missione:

La chiave di violino.

Se Vuole montare un anellino, allora ce ne sono alcuni a disposizione ma quando si vuole rendere la pipa unica, torna il motivo del bosco e della montagna

Bruto usa degli anellini o degli inserti in legno di Bosso che solitamente raccoglie lui stesso.

L’armonia, la bellezza, la totale indipendenza formale da ciò che si conosce già.

E a ben ragionarci questo è il motivo per cui Bruto Sordini, oltre che amico e Pipemaker è semplicemente un uomo soddisfatto di ciò che fa.



Don Carlos:


Fonte dell'articolo:

https://www.sansonesmokingstore.com/bruto-sordini-don-carlos/

28 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

留言


Post: Blog2_Post
bottom of page